di Marisa Toraldo “To travel is to live”, recita un famoso detto.
Ma viaggiare, non è solo sinonimo di vita, anche di riflessione, aggiungerei. Circa una settimana fa, dopo un altro anno da fuorisede, mi trovavo in treno per tornare a casa. Solita routine: finisce l’anno accademico (o meglio, si cerca di mettergli un punto), si cerca di sistemare tutta la roba nelle valigie (chiuse a fatica), e poi, dopo i consueti saluti si torna a casa. Finalmente, direte voi. Finalmente, dicevo anche io. Eppure, non so perché, forse colpa del treno, o del troppo caldo, nel treno non ho fatto altro che pensare all’anno appena trascorso come metafora di un viaggio che comprendeva diverse fermate. Il treno è il mezzo che la maggior parte di noi vorrebbe evitare: troppo lungo il viaggio, il tempo “perso” tra i binari può essere impiegato trascorrendo una giornata al mare. Nonostante questo, il treno è il mezzo che riesce a mettere in pausa tutto ciò che ci circonda per un po’. Dopo il viaggio che mi è sembrato interminabile (ritardi compresi), mi è rimasto qualcosa su cui riflettere. Sull’aereo non abbiamo il tempo di salire, perché poi bisogna già scendere; la macchina raddoppia le distanze, ma di solito essendo in compagnia non sentiamo la fatica dei chilometri che aumentano. E poi c’è il treno, che solitamente prendiamo quando siamo da soli, quando magari le offerte dell’aereo sono terminate, e di cui tutti, almeno una volta nella vita, abbiamo avuto da ridire. Se ci facciamo caso però, è proprio il treno il mezzo più rivoluzionario, e oserei dire travolgente. “Oggi prendo il primo treno che passa e vediamo dove mi porta”: quante volte sentiamo dire questa frase, e altrettante volte risulta effettivamente realizzabile con questo mezzo di trasporto. Saliti quindi su un treno casuale, o su un treno prenotato da giorni, l’alternarsi di paesaggi è indubbiamente affascinante. πάντα ῥεῖ, "tutto scorre", tutto cambia, è questa la percezione che ho avuto osservando meglio ciò che c’era al di fuori del mio finestrino. I paesaggi rappresentavano i diversi episodi della vita o semplicemente dell’anno appena trascorso, io da spettatrice mi limitavo a ripercorrerli. Poi c’erano le persone intorno, con le loro storie, con i loro gesti: ho assistito a episodi non particolarmente piacevoli, ma anche a dimostrazioni di gentilezza e cortesia. Il bello del treno è che induce a pensare, perché tutto ciò che succede intorno è il riflesso di quello che si vive attivamente nella vita di tutti i giorni. Spetta a noi decidere se lasciarci travolgere dai pensieri, o “distrarci” portandoci avanti con i nostri futuri impegni. La prima opzione è quella che per me ha avuto la migliore, e devo dire di essere rimasta soddisfatta. Di solito per far affiorare i ricordi usiamo foto, video, profili social: in questo ritorno invece, ho sfruttato il treno. Le sette ore di viaggio erano tante, ma mai come stavolta ho apprezzato il senso del viaggio: “to travel is to live” (due volte) – in fondo il treno non è così male come pensavo-.
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di Elia Pitzalis La prima volta che ho pensato di scrivere questa nota tornavo dall’Università, a piedi.
Me la stavo spippeggiando, come succede molto spesso durante il giorno. Ad un certo punto, passeggiando in via Emilia, ho pensato di levarmi gli occhiali, e camminare senza. Volevo immaginare come si vede, o anzi, come non si vede, il mondo senza gli occhiali. Ora, fortunatamente non sono cieco, ho sempre visto bene o male dove mettere i piedi; mi manca solamente poco più di un grado. Tralasciando il classico mal di testa, quasi da post sbornia, che mi è venuto circa dieci minuti dopo, mi sento di fare delle considerazioni. Nel 2020, in quel periodo in cui era vietato uscire di casa, se non per andare al Conad o in Terapia Intensiva, ho iniziato a seguire uno YouTuber: il suo nome é Yari Ghidone. Prima di diventare uno YouTuber, Yari vendeva fumetti nel negozio dello zio, a Torino; piano piano, ha maturato il desiderio di uscire dalla città, prima a bordo di una Peugeot, poi a bordo del Ducatone, il suo camper. Vive pressoché da solo; ha un cane, un cocker: un cane bellissimo, anzi, bellissima. Lo accompagnano i suoi circa 130.000 iscritti sul canale e tutti gli altri pazzi sclerati, che, come lui, hanno scelto di vivere in un camper. Ho iniziato a seguire, anche io, piano piano, altri canali simili. Uno di questi si chiama Keep Enchanted: resta incantato. In questo canale una coppia racconta le sue avventure, i posti che visita, dalle spiagge alle montagne, di tutta Italia e non solo. Una figata! Questa era una piccola introduzione. Sulle note di che fantastica storia la vita. Anche se in realtà non la sto ascoltando, posso dire che vedere il mondo senza gli occhiali non é bello. Non vedi i dettagli, non vedi i bordi delle immagini. Non distingui le targhe delle macchine, non vedi le persone da lontano, non riesci a leggere i cartelli. Non vedi il rami e le foglie degli alberi. Quando non porto gli occhiali, sono costretto a guardare giù, riuscendo a vedere chiaro solamente pressoché i due metri in prossimità dei miei passi. Oltretutto, ripeto, mi viene un mal di testa come se la notte prima avessi mischiato birra, vino rosso, Gin Tonic e Aperol liscio. Oppure, molto peggio, come se avessi bevuto due litri di Lambrusco. E, la vita la vita e la vita l'é bella, l'é bella basta avere l'ombrella, l'ombrella ti ripara la testa. Basta avere l’ombrella, a volte un caffè, a volte due AirPods. A volte bastano le persone. Quelle a cui vuoi bene, naturalmente. Se ti stanno sul cazzo, ovviamente, meglio stare da solo, e iniziare la diretta di uno Spritz In Tour. È brutto essere tristi, ma fin qua, penso che tutti saremmo d’accordo. Ma io penso che essere tristi, in questo mondo e con la fortuna che abbiamo, sia anche molto, molto, irrispettoso. Irrispettoso verso le belle persone che ci circondano, irrispettoso verso noi stessi, o verso tutti quelli che contribuiscono a rendere una diversa dall’altra, tutte speciali, le nostre giornate. Mannarino canta, anzi urla: una vita che canta da sola mentre grida in un coro Eh sì, é vero: siamo sempre soli, ma siamo sempre anche con gli altri. Non è un banale gioco di parole, non é una banale sega mentale. Taglia i ponti con tutto, vai a fare un giro, cambia nazione Cambia amici, cambia tutto quello che devi cambiare Sennò trova un modo per fartela andar bene Non penso sia sempre necessario tagliare i ponti con tutti, cambiare nazione, cambiare vita. Ma chi ha voglia di saltare davvero? Mischiare le carte, ripartire da zero, il rischio di perdere quel Poco che c'hai e fare in modo che un giorno dirai: "Cazzo, potevo" Potremmo farne a meno Perché, la realtà, la matematica, vuole che questo mondo é per noi praticamente infinito. 80 giorni non bastano per girarlo tutto, per conoscerlo: non basterebbe un’intera vita. Non basterebbe un’intera vita per conoscere tutto e tutti, stupirci, essere sempre più contenti e incantati. Un altro dei motivi per cui non possiamo essere tristi. Dobbiamo vedere il bello negli altri e in ciò che ci circonda. Certo, con quegli occhiali da sole, quelle lenti verdi da usare quando non ci sentiamo in forma. In linea di massima anche se, La vita é come prendere un treno affollato d’estate Tocca dividere l’aria con piccoli stronzi e vecchie sudate. La vita é sempre una storia fantastica, specialmente la nostra, quella in tempo reale. E se ci viene un dubbio andiamocene chissà dove, a cercare lo stesso benessere, dove non siano richieste tessere. Scendiamo in strada, perché non c’é mai modo migliore di ricominciare. Saper leggere il libro del mondo Con parole cangianti e nessuna scrittura Scegliamo quale sia la nostra via; qualche volta ci sarà una deviazione, dovremo proseguire obbligatoriamente a destra o a sinistra. Ma partiamo con il motto Voglio godermi un po’ la strada siamo anime schizzate nel deserto all’improvviso c’é un cartello che ci avvisa “Benvenuti in Paradiso” Tanto andrà tutto bene fino al giorno che verrà il giorno di ordinaria follia di Maria Antonietta Bruscella Ore 07:30, la sveglia. E già che ci sia una sveglia, la dice lunga, perché? Beh, vuol dire che il weekend è (di nuovo) solo un lontano ricordo. Ore 07:35, dopo il caffè doppio, che oggi era più amaro del solito, sarà colpa del lunedì, guardi fuori nella speranza che almeno ci sia il sole (per i meteoropatici l’assenza di sole il lunedì è peggio di un analcolico il sabato sera). Ore 07:50, trascinando i piedi, provi a dare un senso lavorativo ad una giornata che avresti preferito passare a letto. Ma mica te la puoi prendere con il mondo, in fondo, è solo lunedì, cioè, il lunedì ha un protocollo di giornata di merda da rispettare, un protocollo ben rodato, aggiungerei.
Il lunedì è quel giorno della settimana in cui tutto sembra più difficile, in cui ognuno di noi si sente un po’ come Sisifo alle pendici della montagna troppo alta da scalare, in cui non ce n’è una che va per il verso giusto, il lunedì è quel giorno in cui, probabilmente, milioni di persone imprecanti un “è proprio lunedì”, gli attribuiscono l’origine di errori e imprevisti capitati. Bell’effetto placebo, sicuramente più valido di una Tachipirina 500 che, purtroppo, è efficace solo per la tosse, sì, quella vera, non quella dei tuoi pensieri. "Ci vorrebbe una domenica pomeriggio per ogni lunedì che non ho saputo iniziare", qualcuno cantava, molti condividevano, pochi dissentivano. Io faccio parte di quei pochi. Io penso che ci vorrebbe un lunedì mattina per ogni domenica che non ho saputo apprezzare. Non la capisco questa esigenza della nostra società di demonizzare il lunedì, di vivere la domenica non perché si vuole viverla, ma solo perché il giorno dopo è lunedì. Vi svelo un segreto: quell’illusione che tanto ci piace, quella del weekend stand-by, dove tutto fila liscio, dove le sveglie non sono puntate e i problemi non esistono, è solo un’illusione. Stand-by, vuol dire sospendere, mica risolvere: il lunedì è lì pronto che ti aspetta, con il conto in sospeso della settimana prima, tutti in fila. Ma perché ci ostiniamo contro il lunedì? Perché tutti con sta storia che la domenica è sempre una splendida giornata, che “ah, t’immagini se fosse sempre domenica”, “eh la domenica non arrivano le mail”? Io la domenica non la sopporto. Mi sembra di andare alla fiera dell’ipocrisia, quella del va tutto bene, ma solo fuori, dentro no. E vi dico una cosa, anzi, la urlo a gran voce: il lunedì è il giorno per ricominciare. L’avete mai pensato così il lunedì? Il lunedì è l’inizio, il lunedì è la vita che nasce, il lunedì è il tempo di risorgere, di affrontare, di scalare quella montagna di problemi che, se va male, stai tranquillo, c’è un altro lunedì. Per me il lunedì ha un retrogusto di vita non vissuta, ma da vivere, per me il lunedì è il giorno in cui l’araba fenice risorge dalle ceneri e ce la mette tutta. E allora, anziché ritardare la sveglia, questo lunedì, alzatevi dal letto, allacciatevi le scarpe e uscite fuori ad affrontare il mondo, perché, anche se il sole non ci sarà, il lunedì mattina saprà sempre un po’ di libertà. di Federica Rino Mi piace chiedermi se, quando nessuno mi guarda, io sia la stessa persona o una completamente diversa.
Mi piace pensare e immaginare, quando guardo qualcuno, “ma è veramente così?”. Quando sono in treno, mi piace osservare le persone. Mi piace guardare come sono vestiti, immaginando il motivo per cui anche loro stanno andando in quel posto. Mi piace sorridere ad una persona con cui incrocio il mio sguardo. Mi piace fare i complimenti alle persone, anche se non le ho mai viste prima d’ora. Può svoltargli la giornata. Mi piace stare sempre in compagnia o forse è solo per non pensare? Mi piace credere di essere una persona coraggiosa. Mi piace cantare davanti allo specchio mentre mi preparo. Mi piace, ogni tanto, scappare dagli altri. Devo ricordarmi di portare tutto con me. Mi piace fare lunghe passeggiate. Mi piace sorridere. Rido per tutto, ma non sorrido con tutti. Mi piacciono le foto. I momenti rimangono lì. Mi piace il silenzio, il metro di giudizio che definisce il mio stare bene con una persona. A volte mi frega. Mi piace ballare. Mi piace il mare. Mi piacciono le onde. Mi piacciono le altalene. Un po’ meno quelle di emozioni. Mi piace il Montepulciano, il vino de “in vino veritas”. Mi piace ricordarmi di Gio Evan che mi dice che è meglio così e che sto andando benissimo. Mi piace quel bar della rabbia che mi fa sentire in una bolla il venerdì sera . Mi piace sentire cosa mi viene detto, poche volte ascolto. Mi piace essere distratta. Mi piace pensare alle cose da fare durante la giornata. Mi piace lamentarmi. Non adesso. Mi piace il testo di “Dog days are over”. Mi fa tenere a mente le cose. Mi piacciono le “cartelline trasparenti” che, come qualcuno mi ha detto, dovremmo utilizzare più spesso per conservare tutto, tutti. O non proprio. Non mi piace, però, nascondermi dai miei draghi di passaggio. Sto dipingendo quella parete che ho da sempre lasciato bianca. Grazie Gio. Cazzo, Sto andando benissimo. di Davide Zappia A rilento, impercettibile, apaticamente fioca, l’eleganza scivola e lo sgraziato affiora. Ineccepibile l’insegnamento con il quale, a tarda età, essa si sprona, eppure, nel bisogno o nel pur diletto la struttura si “destruttura” e l’inconcluso, l’inconcludenza onora. Numerosi i tentativi per prepararci al meglio all’avventura: corsi di stile, personalità: architettura.
In men che non si dica gli allievi divennero docenti e della più gran statura! Alla ricerca del minimalismo, nel cogliere la più lieve sfumatura; la superficialità e l’inezia diventarono arte e l’esitazione bravura. Fra tutti questi cattivi pensieri, io, profondamente mi discosto. Persuaso dalla bellezza della concretezza, che per quanto mi è possibile, nella mia limitatezza fisica e mentale, cerco di perseguire. Nelle cose in cui credo, in tutto ciò che ritengo opportuno, valido. Osando, sbagliando: imparando. |
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